Intervento tenuto al Colloquio organizzato in occasione del 25° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, dall’Associazione per lo Sviluppo del Diritto Mondiale in collaborazione con l’Onu e l’Unesco, presso il Centro di Diritto comparato a Parigi, il 30 novembre e il 1° dicembre del 1973.
La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo definisce un ideale che tutti i popoli e tutte le nazioni devono raggiungere. La sua adozione solenne ad opera di paesi anche numerosi, dai caratteri culturali, economici e politici tanto diversi sottintende in se stessa che questi paesi siano pronti a promuovere i diritti che hanno affermato. Tale affermazione si accompagna alla volontà di creare un mondo realmente giusto ed egualitario. Essa riconosce implicitamente ad ogni uomo, chiunque egli sia, il diritto di poter padroneggiare il proprio destino e di partecipare liberamente alla vita della nazione.
La prima delle opzioni di base su cui è stato fondato nel 1957 il Movimento Internazionale ATD Scienza e Servizio si appella nel suo fondamento a questo ideale, poiché il Movimento fonda la propria azione sulla convinzione che:
«Ogni uomo porta in sé un valore fondamentale inalienabile che costituisce la sua dignità di uomo».
Proprio perché ci sono degli esseri in cui questo valore fondamentale non è riconosciuto, degli uomini e delle donne di tutte le appartenenze sociali, politiche e religiose hanno fondato questo Movimento.
Esiste in effetti tutto uno strato di popolazione che non può manifestare questo valore agli occhi di tutti, che non ha ricevuto i mezzi per mettere tale valore in evidenza come giustificazione dei propri diritti. È la convergenza fra la convinzione della dignità inalienabile di ogni uomo e questa constatazione dell’esistenza di un gruppo umano privato dei suoi diritti che permettono di farla valere, a portare il Movimento ad elaborare un progetto di civilizzazione che riposa sul primato dei più sfavoriti. E non solo per scrupolo di umanità, ma per esigenza di equità e di giustizia.
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I diritti del Quarto Mondo