Joseph Wresinski nacque ad Angers (Francia) il 12 febbraio 1917, in una famiglia nella miseria. Suo padre, Wladislaw Wrzesinski, polacco originario di Poznàn, era emigrato nell’Ovest. A Madrid aveva incontrato sua moglie, Lucrecia Sellas, maestra di scuola spagnola. Sono emigrati in Francia con pochi mezzi che la guerra ridurrà a niente. A causa del passaporto tedesco del padre, sono prima internati, con i due figli in tenera età, nel Forte di Saumur, poi trasferiti nell’antico Seminario Maggiore di Angers. La piccola muore di polmonite nella più totale indigenza. Il loro secondogenito Joseph, viene alla luce in questa condizione.
Finita la guerra trovano alloggio in una vecchia fucina disattivata della rue Saint-Jacques. E’ una catapecchia, la più malmessa del quartiere, ai margini di una zona di miseria nella città bassa di Angers. Umiliato e disperato, il padre va lontano, alla ricerca di un lavoro. Dopo alcuni ritorni in famiglia, sempre più sporadici, torna definitivamente in Polonia dove sua moglie, temendo per i suoi figli, rifiuta di seguirlo. Con l’andare del tempo, finirà coll’interrompere i contatti con la famiglia. Nella vecchia fucina rimane la Signora Wrzesinski con i suoi quattro figli.
La famiglia sopravvive alla più squallida miseria con piccoli lavori e con l’aiuto delle dame di carità della parrocchia. A quattro anni e mezzo Joseph dà il suo contributo servendo la messa tutte le mattine all’alba presso le Suore del Buon Pastore, in cambio della prima colazione e di pochi soldi per sua madre. Le avversità non scalfiscono la fede e la dignità di questa donna che insegna ai suoi il diritto al rispetto dei più poveri. Prega, immobile su una sedia; per Joseph è l’emblema della Chiesa, umile e povera – come il Padre Douillard d’altronde, il parroco (e futuro vescovo di Soissons), una delle rarissime persone che rispetta la loro dignità.
Nel clima di violenza che accompagna la miseria, e che quasi naturalmente trascina nel suo vortice disumanizzante, in una specie di miracolo della grazia, Joseph prende già instintivamente le difese dei deboli contro i forti, a scuola o nella strada. Grazie al coraggio eroico di sua madre, e contro il volere dell’insegnante che si rifiuta di iscriverlo, ottiene la licenza elementare. Dopo di chè ha la fortuna di entrare come garzone presso un pasticciere di Saumur, poi a Nantes.
Respingendo con accanimento l’ingiustizia che lo circonda, frequenta per un periodo la Gioventù comunista prima di incontrare la J.O.C. dove gli vengono subito affidate delle responsabilità. Joseph vi riscopre Dio, la preghiera e la Chiesa mentre si fa strada in lui la volontà di liberare i suoi fratelli. In questo contesto matura la sua vocazione sacerdotale; secondo quanto esprimerà più tardi, si esprime così uno sconfinato attaccamento al Salvatore Gesù Cristo, quale punto di partenza per “restituire i più poveri alla Chiesa e la Chiesa ai più poveri”.
Nel 1935, a 18 anni, Joseph voltando le spalle al sicuro mestiere di artigiano pasticcere entra nel seminario minore di Beaupréau, dove si ritrova in compagnia di ragazzini di 12 anni. L’anno seguente si iscrive al Seminario Maggiore di Soissons; i genitori di una suora del Buon Pastore s’impegnano a pagargli gli studi. Nell’ottobre 1937, il seminarista Wresinski parte per il servizio militare, assumendo appieno tutte le sue responsabilità, sia di futuro sacerdote che di soldato, poi di caporale maggiore. E’ sempre sotto le armi quando scoppia la guerra. Fatto prigioniero e internato a Valenciennes, riesce ad evadere e a raggiungere il suo seminario a piedi, nel luglio 1940. Poco dopo il seminario di Soissons è evacuato a Entrammes.
Ovunque vada, cerca i più sventurati con cui si ricongiungerà più tardi per non lasciarli più. La sua figura segna tutti quelli che lo avvicinano. Lavoratore instancabile, il seminario appaga la sete di lettura che serba dalla sua infanzia; trascorre il suo tempo libero ad imparare, dai libri o dalla vita. Durante le vacanze, fa esperienze nelle fabbriche o nelle miniere, sempre alla ricerca dei più vilipesi.
Il 29 giugno 1946, Joseph Wresinski è ordinato sacerdote nella cattedrale di Soissons. Il suo motto riassume la sua vocazione: “Vai al largo e getta le reti”. E’ inviato come vice-parroco a Tergnier, dove ritrova il mondo operaio, quello dei ferrotranvieri, ma anche dei lavoratori senza qualifica che popolano le contrade della miseria. In piena linea di demarcazione, in bilico tra questi due mondi, si accorge che schierandosi a fianco dei militanti sindacalisti, corre il pericolo di separarsi dai più deseredati. Opta per i più poveri, per le famiglie che costituiscono questa popolazione abbandonata. Reputa che la Chiesa è chiamata a condividere la loro impotenza e la loro condizione di reietti. A questo punto si rende conto che la strada dei preti operai, vicini al suo cuore, gli è preclusa. Soffrirà per molto tempo di questo isolamento necessario.
Nel 1948 il Padre Joseph chiede al suo vescovo, Mons. Douillard, di farsi le ossa alla Mission de France, “per essere più missionario”. Vi trascorre un anno, prima a Lisieux, poi a Limoges. Ma la sua salute ha la fragilità del bambino cresciuto nella miseria. Non tarda ad ammalarsi, prima una meningite, poi la tisi. Nel 1949, lo ricoverano in sanatorio – si dà subito da fare come aiuto volontario in corsia, accudendo agli altri ammalati. E’ lì quando lo raggiunge la notizia del decesso di sua madre, morta all’ospizio. Assiste al funerale in barella. Da lei ha imparato l’essenziale della sua vita, la sua vocazione.
Ancora convalescente, durante l’Anno Santo 1950, parte in pellegrinaggio a Roma. Vi trascorre diversi mesi. Divide il suo tempo tra la visita delle chiese e la scoperta delle bidonville. Arriva fino in Sicilia, dove ci sono le saline, per conoscere i più poveri.
Di ritorno a Soissons, chiede al suo vescovo una parrocchia dove può ritrovare i più abbandonati. Nominato parroco di Dhuizel, piccolo centro rurale dell’Aisne, vi scopre il mondo contadino con i suoi strati sociali e la sua lunga pazienza. Dal 1950 al 1956 vive nella più grande povertà, condividendo il lavoro degli stagionali, restaurando la chiesa parrocchiale per fare ritornare le famiglie che l’avevano disertata, predicando nei dintorni, richiesto anche per predicare in altre regioni di Francia, guidando pellegrinaggi e lasciando sempre aperta la sua tavola, alquanto sguarnita però. I poveri della regione lo conoscono come “il sacerdote che non chiude mai la sua porta a coloro che si trovano nel bisogno”; vuole essere il prete di tutti.
Il Padre Joseph ha un chiodo fisso: reperire gli esclusi, coloro che tutti scartano e di cui si ignora l’esistenza. Tant’è che il suo vescovo, incaricato di trovare un cappellano per un campo di senzatetto a Noisy-le-Grand, gli propone di andare a vedere … Non riescono a trovare nessuno nella regione parigina, dopo che due preti hanno rinunciato.
L’arrivo a Noisy, il 14 luglio 1956, suggella il suo destino. In questo “campo di transito”, fondato dall’Abbé Pierre con i suoi Chiffoniers d’Emmaüs nel 1954, in via del tutto provvisoria, scopre con stupore un incredibile cumulo di miseria. Due mila persone circa sprovviste del minimo necessario, hanno trovato un tetto in 252 “igloos” in eternit, su un’ antica discarica, ai margini di una palude, abbandonati al disprezzo e all’indifferenza del mondo circostante. Appena li vede, il Padre Joseph capisce che questi sventurati costituiscono il suo popolo, che tutta la sua vita è definitivamente legata alla loro. “Quel giorno, mi sono promesso che se rimanessi, avrei fatto in modo che queste famiglie potessero salire le scale dell’Eliseo, del Vaticano, dell’ONU …” Ma dirà anche : “Quel giorno, sono tornato nella sventura”. Quasi tutti lo dissuadono di vivere nel campo. Lui, invece, sostenuto dal suo vescovo, si prefigge di ficcarsi con i suoi fratelli nella sventura, “magari, morire con loro”: se devono soffrire, non devono mai più soffrire da soli, senza poter dare un senso alla loro sofferenza.
L’intenzione del Padre Joseph è di riabilitare il suo popolo, restituendogli la libertà di associazione e di opinione, unendo le famiglie contro la miseria, distruttrice di ogni unità. Riabilitare in senso proprio, cioè fare capire a tutti che i più poveri non sono colpevoli dello stato di miseria in cui sono ridotti, ne sono anzi le vittime – e che unendoci possiamo vincerla. Intanto, vuole recidere l’umiliante sudditanza che lega le famiglie del Campo a qualsiasi forma di assistenza. Al posto della mensa popolare, costruisce un asilo infantile, apre un laboratorio e una biblioteca, e costruisce una cappella con volontari di cinque religioni (cattolici, protestanti, israeliti, musulmani e induisti) senza contare i non credenti. Questa diversità, a immagine del volontariato pluriconfessionale che già sogna, corrisponde ad una delle intuizioni fondamentali del Padre Joseph: radunare tutti gli uomini intorno ai più poveri, e quindi intorno al Cristo Salvatore. Poiché ha potuto toccare con mano, durante i suoi viaggi, che la miseria è di casa in tutte le culture, in tutti i regimi, in tutti gli orizzonti; d’ora in poi anche il rifiuto della miseria sarà di casa in tutta l’umanità, crocevia di tutte le religioni. Ora la cappella la vuole anche bella, in mezzo alla desolante bruttura della miseria; i vetri, che evocano i misteri gloriosi, saranno realizzati da Jean Bazaine. Più avanti, nel 1959, viene fondato il Centro femminile.
Il Padre Joseph ci tiene ad essere un prete tra il suo popolo; assicura tutte le cerimonie, il catechismo, la Via crucis, incoraggia la confessione settimanale, ritrova e aiuta a ritrovare ovunque l’Uomo dei Dolori al centro dell’umanità. E’ profondamente devoto all’Eucaristia e alla Madonna, a cui viene dedicato il Campo, festeggiata con tutta la popolazione il 15 agosto.
Comunque nei primi anni, l’opposizione cresce, la violenza non si placa, il nuovo asilo infantile, il centro culturale polivalente, e anche l’ufficio del Padre Joseph sono più volte dati alle fiamme … Senza contare gli incendi involontari che distruggono degli igloos e uccidono dei bambini. Solo la cappella sembra essere risparmiata. Alcuni vogliono costringerlo a andarsene, per chiudere il Campo e disperdere i suoi abitanti – senza peraltro garantire loro un alloggio decente.
Impossibile farcela da solo in queste condizioni. Pertanto il Padre Joseph fonda nel 1957, con le famiglie nella miseria, una prima associazione. Così affida la sua sorte nelle mani dei più abbandonati. Ma il Ministero degli Interni nega il proprio consenso. L’unica via d’uscita sarà la fondazione di una nuova associazione, che includa sia le famiglie più indigenti, che i volontari e gli alleati di ogni condizione sociale. Un amico protestante, confondatore, propone di chiamarla Aide à toute détresse; sarà l’origine dell’attuale Movimento internazionale ATD Quarto Mondo, ormai presente in tutti i continenti.
Nel 1960, con l’arrivo dei primi volontari permanenti, la vita del Padre Joseph prende un nuovo slancio. La lotta contro la miseria diventa lotta per la cultura, per il diritto all’identità storica, alla presa di parola e di responsabilità di fronte al mondo circostante. Vengono organizzati colloqui, è fondata una rivista, Alwine de Vos van Steenwijk è incaricata delle relazioni con il mondo scientifico e universitario, sono avviate delle ricerche, presto (nel 1962) saranno creati un ufficio di ricerca sociale – che diventerrà nel 1968, L’istituto di ricerca e di formazione alle relazioni umane -, le Edizioni Quarto Mondo, ecc. Si tratta infatti “di amare per conoscere e di conoscere per amare un pò meglio”, ma anche di fare conoscere al mondo, in un linguaggio che possa sentire, le realtà e le verità fondamentali vissute dai più poveri e destinate ad essere da tutti condivise. Questa dimensione di amore intelligente e al contempo attivo e coinvolgente per tutte le buone volontà è essenziale alla vita del Padre Joseph, è la chiave della sua opera e del suo profondo impatto, non solo sui più poveri, ma su tutta la società.
Negli anni 1960, il Padre Joseph effettua diversi viaggi all’estero, in particolare in India nel 1965 – viaggio memorabile, da cui trae origine la futura estensione del suo Movimento verso il Terzo Mondo. Realizza una serie di impianti in diverse sacche di povertà in Francia, in altri paesi d’Europa e negli Stati Uniti. Nel 1967, per assicurare la dimensione universale della sua lotta contro la miseria e del Movimento di cui è l’anima, e per permettere alle famiglie di prendere definitivamente il volo, il Padre Joseph lascia Noisy e si stabilisce a Pierrelaye, nei dintorni di Pontoise, con la sua Segreteria generale e l’Istituto di ricerca e di formazione.
Nel maggio 1968, un’ondata di panico generata dagli eventi che paralizzano la vita nazionale in Francia investe i più poveri. Il Padre Wresinski organizza delle cooperative, soprattutto alimentari, affidandone la gestione alle famiglie stesse. Le fa anche partecipare, a modo loro, alla corrente d’espressione libera nata nelle università: circolano dei “Cahiers de doléances” nelle bidonville e nelle zone, raccolti in un Manifesto, “Parla un popolo”. Intanto dà al suo popolo il nome, che d’ora in poi sfogerà con fierezza: il Quarto Mondo[1]
All’inizio degli anni 1970, in seguito al Manifesto di 1968, sorgono gli incontri regolari tra famiglie del Quarto Mondo e persone pronte a dialogare con loro – più tardi questi incontri prenderanno il nome di Università popolari; poi verranno i grandi raduni internazionali: il primo è il Congresso delle Donne del Quarto Mondo nel 1975, delle Famiglie nel 1976, poi quello dei bambini, dei giovani, ecc. Negli stessi anni, il Padre Joseph, quando è invitato, incontra e si tiene in contatto con i grandi responsabili del mondo politico, diplomatico e culturale, in Francia e nel mondo.
Nel 1979, il Padre Wresinski è nominato membro del Consiglio Economico e Sociale della Repubblica Francese. Così una rappresentanza permanente dei più poveri è assicurata a livello nazionale. A questo titolo è incaricato di preparare il Rapporto Grande povertà e precarietà economica e sociale adottato da consenso l’11 febbraio 1987. Diventato, quasi suo malgrado, un uomo pubblico, si pone sempre la questione: “Sono la voce del mio popolo che soffre e che spera oppure sono diventato un personaggio a se stante?”[2]
A partire dagli anni 1970, grazie alla personalità del Padre Joseph, il suo Movimento può avvalersi di statuti consultivi di alto livello presso gli organismi internazionali: l’ONU a New York, l’Ufficio Internazionale del Lavoro a Ginevra, l’U ESCO a Parigi, il Consiglio dell’Europa a Strasburgo, ecc.Nel 1982, una delegazione di giovani del Quarto Mondo, guidata dal P. Joseph, si reca presso Govanni Paolo II a Castelgandolfo. Il Padre Joseph resta in disparte, lasciando i giovani più poveri conversare con il Papa. Questi li incoraggia: “Fondate comunità per combattere l’ingiustizia e la miseria. Tenetemi al corrente. Il Papa ha bisogno di voi.” – Dopo la sua morte, è la volta di una delegazione di famiglie del Quarto Mondo a recarsi a Castelgandolfo, nel 1989. La grande promessa del 1956 è fondamentalmente compiuta.
Il 17 ottobre 1987, sul Sagrato delle libertà e dei Diritti dell’Uomo, al Trocadero, a Parigi, il Padre Joseph Wresinski inaugura solennemente, davanti una folla di 100.000 persone, una Pietra in commemorazione di tutte le vittime della miseria[3] e pronuncia un discorso profetico: “Rendo testimonianza a voi, poveri di tutti i tempi …” D’ora in poi questo atto sarà ricordato ogni 17 ottobre, come la Giornata mondiale della lotta contro la miseria. Dal 1992, questa data è ufficialmente riconosciuta dalle Nazioni Unite.
Il 14 febbraio 1988, il Servo di Dio entra nella casa del Padre, in seguito ad un banale intervento. Il 18 febbraio, il Cardinale Lustiger presiede le esequie a Notre Dame, affollata di gente. Sono convenuti, in profonda comunione, poverissimi e uomini di ogni condizione – immagine della Città futura …
Da allora, famiglie del Quarto Mondo, volontari e alleati di tutti i continenti, di tutte le origini sociali, di tutte le credenze, continuano la sua opera affinché la dignità di ciascuno sia effettivamente riconosciuta, e che sia presa sul serio l’affermazione di san Vincenzo di Paolo, eretta da Padre Joseph a vero principio di conoscenza : “I poveri sono i nostri maestri”[4]. Il Centro Internazionale Joseph Wresinski” a Baillet-en-France raccoglie la sua eredità spirituale. La tomba del P. Joseph, ai piedi della cappella da lui costruita a Méry-sur-Oise, è diventata un centro di raduno, di speranza e di umile “pellegrinaggio” per i poverissimi di tutto il mondo e per tutti quelli che si uniscono a loro.
Dal giorno della sua morte, un pò ovunque e sempre più, dalle famiglie in grande povertà poi anche in tutti gli ambienti sociali, sale la richiesta di beatificazione del Servo di Dio. La sua fama di santità si è sparsa spontaneamente, ben oltre i limiti del Movimento da lui fondato e le numerose persone da lui incontrate – fino in alcune regioni dello Zaire, per esempio, dove non ha mai messo piede e dove l’ATD Quarto Mondo è sconosciuto. Per molti poveri e anche ricchi, questo figlio della miseria è diventato un segno di speranza; ci si rivolge a lui per ottenere grazie particolari.
In verità, egli “ha cambiato lo sguardo del mondo” (Alwine de Vos van Steenwijk).
La Causa di Beatificazione di Padre Joseph Wresinski si è aperta ufficialmente il 19 marzo 1997 nella diocesi di Soissons. La procedura diocesana si è conclusa il 27 marzo 2003, e il 29 aprile dello stesso anno gli Atti sono stati trasferiti a Roma, presso la Congregazione per le Cause dei Santi. Ormai rilegati in 69 volumi, hanno seguito l’iter previsto e la Positio super vita, virtutibus et fama sanctitatis è stata redatta, stampata in due volumi (per 1800 pagine), e ufficialmente consegnata alla Congregazione il 30 dicembre 2010.
[1] Questa appellazione storica riporta alla mente la profonda intuizione espressa nell’aprile 1789 da Dufourny de Villiers – rimasta lettera morta fino a Padre Joseph -, nei suoi Cahiers del Quarto Ordine, quello dei poveri Braccianti, degli Infermi, degli Indigenti, ecc., l’Ordine sacro degli Sventurati; o Corrispondenza filantropica tra gli Sventurati, gli Uomini sensibili e gli Stati Generali: per supplire al diritto di deputare direttamente agli Stati, che appartiene a tutti i Francesi, ma di cui questo Ordine non gode ancora.
[2] Di fronte a queste responsabilità, il Padre Joseph si è tenuto profondamente all’interno dell’atteggiamento di Gesù nell’ora della tentazione. Come lui, ha rifiutato qualsiasi potere umano che lo avrebbe fatto uscire dalla stretta dipendenza dei poveri nei confronti del Padre. Ha accettato di entrare al CES perchè era un organo consultivo senza potere politico.
[3] La Pietra reca questa iscrizione: “Laddove gli uomini sono condannati a vivere nella miseria, i Diritti dell’uomo sono violati. Unirsi per farli rispettare è un dovere sacro” Padre Joseph Wresinski. – Il 21 agosto 1997, il Papa Giovanni Paolo II ha scelto di iniziare le Giornate mondiali della Gioventù andando a raccogliersi con 300 giovani di ogni paese, riuniti attorno ai più poveri del mondo, su questa Pietra commemorativa, pregando con loro la preghiera universale composta dal Padre Joseph per il 17 ottobre 1987.
[4] Il che implica, per il Padre Joseph, un vero capovolgimento di prospettive: sono i nostri maestri di pensiero, non soltanto i nostri signori da servire. San Vincenzo di Paolo e i suoi fratelli sono andati dal nostro mondo verso i poveri – permettendo così che un giorno il Padre Wresinski faccia la strada in senso opposto.
Verrebbe da chiedersi da dove vengono la volonta’ e l’audacia in quelle condizioni, laddove in altre, migliori, ci si perde e disperde in tante frivolezze.