La Fede nel Quarto Mondo: quando non rimane nient’altro che Dio.

Mettiamoci in presenza di questi uomini e di queste donne, di queste famiglie e di questo popolo che incarnano la miseria del nostro tempo, eredi dei poveri, che, duemila anni fa, si accalcavano al passaggio di Gesù Cristo o si nascondevano nelle strade infossate fuori delle città; eredi dei poveri che popolavano i lazzaretti e gli ospizi del Medioevo o si riparavano ai piedi dei contrafforti delle cattedrali; eredi infine degli abitanti delle corti dei miracoli, poi di quelli dei sobborghi poveri e dei bassifondi dell’ inizio del nostro secolo. Eredi che noi ritroviamo oggi confinati nella periferia delle nostre città, nelle “città-immondezzaio”, messi al bando negli alloggi più decadenti dei nostri villaggi, o ancora isolati in fondo alle nostre campagne.

Poveri delle strade infossate del nostro tempo: che cosa ci rivelano di Dio, della fede nel Dio dei vangeli? Scendiamo verso questo “mondo del basso”, dalla famiglia Beauchamp.

Dai Beauchamp ci si urta, si bisticcia, ci si insulta tutto il giorno, o piuttosto si vive sotto una spessa coltre di tristezza, senza parlarsi, senza guardarsi gli uni gli altri, ciascuno come murato vivo nelle sue preoccupazioni.

I genitori, sette figli, più un genero, si ammassano così, come possono, in un’ esistenza in cui il nervosismo, l’ eccitazione non lasciano il posto che alla prostrazione o alla paralisi dell’ insicurezza. La vita sembra trascorrere a scatti, senza ordine né ritmo, tanto più che nessuno lavora e i figli in età scolare non vanno ancora a scuola. Il Sig. Beauchamp, figlio di un operaio tessile del Nord morto giovane, ha dovuto fare trentasei mestieri da quando aveva dodici anni. In effetti, ha dovuto spesso mendicare il lavoro, poi mendicare e basta, per aiutare sua madre a nutrire i fratelli e le sorelle.

A venticinque anni, si trova sposato e padre di famiglia, ma per il lavoro nulla è cambiato. Piccolo, gracile, malandato prima del tempo, per lui non ci sono che gli umili compiti di netturbino, di facchino, di montatore di mercati. Poi, un giorno, crolla. Affetto da molto tempo da un’ infezione gastrointestinale, egli non lavorerà più, ormai, che raramente. Eppure la previdenza sociale rifiuta, a lungo, di ammettere la sua inabilità al lavoro. Gli occorreranno quattro anni per regolarizzare la sua situazione, quattro anni di carestia, nel corso dei quali la mamma dovrà dargli il cambio. Egli non sarà d’ ora in avanti, in famiglia, che un’ ombra umiliata e che prova sempre vergogna. Nessuno ha mai creduto in lui, perché dovrebbero credergli alla previdenza sociale? Non è credibile nemmeno agli occhi dei suoi figli!

(…)

Nel 2017, il libro “I Poveri, incontro del Vero Dio“, è stato pubblicato dalla Jaca Book (Milano) con una nuova traduzione di Giovanni Agnoloni

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