La Trasfigurazione di Gesù.

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato dinanzi a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero Mosè ed Elia che conversavano con lui. Pietro prese allora la parola e disse a Gesù:”Signore è bello per noi restare qui; se vuoi farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva:”Questi è il mio figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo”. All’udire ciò i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse “Alzatevi e non temete” Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. (Matteo 17,1-8)

Gesù è nell’intimità. Avvenimento eccezionale Non si trova tra la folla dove lo Spirito lo spinge senza posa. Ma con chi era solito unirsi costantemente? La folla intorno a Gesù era eterogenea; certamente ebrei di ogni categoria e rango che venivano dalla Galilea, dalla Giudea, da oltre il Giordano, vi erano anche stranieri. Ma da chi era formata la maggioranza, chi portava i propri ammalati, che esponeva le proprie infermità senza riserva? Chi poteva accorrere a qualsiasi ora? Chi poteva incamminarsi, portando con sé moglie e figli senza provviste? I lavoratori avevano le loro ore di lavoro, i contadini i loro campi, i commercianti i loro affari. Erano solamente i più poveri, i disoccupati, gli infermi a non avere impegni fissi. Erano solo i poveri a esporre i propri minorati, i posseduti, i paralitici. Soprattutto in quel tempo! Le famiglie per bene non espongono i propri handicappati, in nessuna cultura, in nessuna epoca della storia dell’umanità. Ancor meno questo accadeva in Israele in quanto le infermità potevano rendere impuri. Sono presenti tutti gli indizi: quando Gesù parla dei poveri è proprio dei poveri che parla, di coloro che sono senza lavoro, senza risorse, senza vestiti, e il cui fiato da solo manifesta che il corpo è mal nutrito. Di coloro le cui mani non hanno mai toccato un oggetto di valore e che, per questo, hanno dei gesti rudi. Di coloro che non hanno mai frequentato degli intellettuali, degli eruditi, dei saggi e il cui linguaggio è rimasto rozzo. Di coloro che abitano delle stamberghe sovrappopolate e che, per questa ragione, hanno l’abitudine di gridare per essere ascoltati. Nel nostro amore per il Signore, nella nostra necessità di sentirci anche noi amati da Lui, anche quando siamo ricchi, nutriti, vestiti, istruiti, noi ci cerchiamo delle povertà. Riteniamo di mancare di qualche cosa: di amore, di compagnia,di solidarietà…noi ci dichiariamo poveri. Ma in realtà non ogni sofferenza è povertà. Mentre la miseria è sempre sinonimo di sofferenza, tanto più che la miseria isola l’uomo in uno stato sociale dal quale non può fuggire.(…)

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