In occasione della Giornata internazionale dei diritti del bambino, che si celebra il 20 novembre, è interessante rileggere la prefazione di padre Joseph Wresinski al Libro bianco sui bambini del Quarto Mondo pubblicato nel 1979, anno internazionale del bambino.
I bambini del Quarto Mondo, una possibilità per tutti i bambini.
I bambini che parlano in questo libro sono poco conosciuti. Il mondo che li circonda sembra avere delle difficoltà a riconoscerli per ciò che sono veramente.
Eppure questi bambini sono nati in occidente. Allora, come mai ci rimane così difficile riconoscerli nella loro realtà storica? Le conseguenze di ciò sono dolorose, dato che ce ne sono milioni che versano in tali condizioni, esclusi dal sistema sanitario e scolastico, le cui famiglie sono prive di sicurezze economiche, di alloggi e di un ambiente che siano decenti, mentre il loro gruppo sociale non ha voce politica.
Alcuni pensano che questi bambini siano semplicemente degli invalidi o dei minorati per natura. Ma né loro né i loro genitori sono vittime di un destino cieco. Essi rappresentano il lato nascosto di una società costruita proprio da noi stessi. Sono l’infanzia dimenticata di una società la cui vita presente e i cui progetti di cambiamento riguardano esclusivamente i cittadini riconosciuti come tali. E che non sembra abbia mai ampliato il suo sguardo, il suo pensiero, né esteso le sue istituzioni e le sue battaglie tanto da includere, di diritto e sin da subito, quei bambini.
Bambini del Quarto Mondo, che appartengono ad uno strato di popolazione escluso dalla società industriale sin dal secolo scorso1. Privati dei mezzi per partecipare al processo produttivo e all’evoluzione delle classi operaie e contadine, i loro antenati non sono stati in grado di preparare loro un avvenire migliore. Perciò, rimasto ai piedi della scala sociale, un intero strato di popolazione non ha potuto accedere neanche al gradino più basso di tale scala. Da generazioni, genitori e figli continuano a vivere una storia di solitudine ed esclusione. Chi di noi non si sentirebbe profondamente a disagio nello scoprirlo? Abbiamo forse fatto un cattivo uso delle nostre esperienze acquisite, non utilizzandole per riconoscere e denunciare tale stato di esclusione?
1 NdT: secolo diciannovesimo
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